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È arrivato il «Big One». L’inferno si abbatte sulla città degli angeli

È arrivato il «Big One». L’inferno si abbatte sulla città degli angeliUn pompiere lotta contro le fiamme nel quartiere di Palisades a Los Angeles, Wednesday – foto Etienne Laurent / Ap

L'incendio di Los Angeles L’evento catastrofico è il più costoso della storia cittadina. Biden cancella il viaggio in Italia, Trump accusa il governatore dem

Luca CeladaLos Angeles

La tempesta di fuoco, quella delle raffiche da 150kmh che hanno portato l’inferno sulla città degli angeli si è temporaneamente placata, ma nell’area urbana rimangono attivi numerosi focolai e sulla città grava una cappa dall’intenso odore di bruciato. Col dissiparsi del fumo emergono i contorni del peggiore incendio della storia della città, pur abituata ad eventi di questo genere.

Le autorità hanno iniziato a permettere ad alcuni residenti di tornare nei quartieri evacuati. A Pacific Palisades dove le fiamme hanno bruciato un corridoio di cenere dalle alture di Sunset Boulevard fino alla costa, non hanno risparmiato chiese, supermercati, esercizi commerciali e ristoranti di uno dei quartieri più ridenti della città. Giunte sul litorale, le fiamme sospinte dai venti hanno virato a nord e carbonizzato interi filari di case affacciate sulle famose spiagge di Malibu, comprese molte lussuose abitazioni attorno alla Getty Villa e la preziosa collezione di arte antica (compreso l’Atleta di Fano) che contiene.
La situazione è simile all’altro capo della città, a Pasadena e il vicino sobborgo di Altadena dove le persone si aggirano stordite e piangenti fra i resti di quelle che fino a martedì mattina erano case di un distretto storico di Los Angeles. Con la riduzione dell’intensità dei venti scesi dalle colline, le fiamme hanno iniziato a risalire la china, allontanandosi dall’abitato più denso ma minacciando abitazioni semi rurali nei canyon come Topanga e l’osservatorio di Mount Wilson dove sono situate antenne e ripetitori radiotelevisivi della città.

Per monitorare le operazioni, il presidente Biden ha annullato il viaggio previsto in Italia, assicurando pieno sostegno alle autorità locali ed al governatore Gavin Newsom che ha dichiarato lo stato di emergenza. Mentre le fiamme continuavano a divorare la città, Donald Trump ha invece approfittato per infierire, polemizzando con le vittime a ed incolpando il governatore democratico dell’accaduto in una dichiarazione improntata al consueto auto elogio, un doloroso anticipo della leadership che attende un paese destinato ad affrontare disastri naturali di sempre maggiore intensità.
La realtà è che la metropoli californiana è un caso di studio di sviluppo su un territorio arido e sismico imposto grazie ad un’imponente ingegneria ambientale per oltrepassare la naturale capacità di sostenere un’enorme popolazione. Come descritto nel fondamentale Ecology of Fear di Mike Davis, le calamità naturali compongono d’altronde un «immaginario catastrofico» regolarmente espresso in un cinema ed una letteratura esorcizzanti.

Per effetto della crescente pressione antropica e dello sviluppo immobiliare che si inoltra in ecosistemi dove gli incendi, come in ogni macchia mediterranea, fanno parte del ciclo ecologico di crescita, gli effetti sono progressivamente peggiorati. Il ciclo naturale non prevede infatti la presenza stanziale di ville, Suv e campi da golf in località amene quanto climaticamente e idrologicamente rischiose.
L’incendio ha lasciato comunque la sensazione che questa città edificata e cresciuta al limite estremo del rischio ecologico abbia vissuto il suo big one. Non un mega terremoto stavolta, ma un evento catastrofico capace nondimeno di porre la questione ineluttabile della sostenibilità di uno sviluppo predicato sula crescita illimitata su di un territorio fragile. I limiti di quella sostenibilità sembrano infine davvero raggiunti sotto la pressione di un clima estremizzato. Le migliaia di persone che in questi giorni hanno perso la casa e le oltre 100.000 che sono state evacuate possono in quest’ottica essere considerate, nonostante gli sconsiderati pronunciamenti del presidente entrante, profughi climatici.

Il surriscaldamento atmosferico è causa comprovata dell’accentuarsi di questi fenomeni: la stagione degli incendi dura oggi 78 giorni più a lungo che nel 1970 e a Los Angeles quest’anno non piove dallo scorso maggio, l’inverno più arido dal 1964. Aiuta che con venti più deboli abbiano potuto prendere il volo elicotteri e Canadair, ma le previsioni meteo non promettono bene. I venti potrebbero riguadagnare intensità nei prossimi giorni e come dimostrato dal focolaio divampato brevemente mercoledì sulle colline di Hollywood (domato nel giro di poche ore), basta poco per riattizzare il fuoco.

Con migliaia di abitazioni e strutture distrutte, l’incendio è certamente destinato intanto a diventare il disastro più costoso della storia cittadina. La portata dei danni subiti prelude probabilmente ad una prossima crisi delle assicurazioni immobiliari, un settore privato che anche prima di ora stava abbandonando il mercato californiano ritenuto eccessivamente rischioso. Il mastodontico costo della ricostruzione rischia di dare il colpo di grazia a un settore che sottende anche il valore di un mercato immobiliare inflazionato a livelli anche questi difficilmente sostenibili.

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